mercoledì 26 novembre 2008

Ossa senza pace. Storia delle reliquie, sacre e profane, dall’antichità ai giorni nostri: come furono trovate, custodite, disputate,comprate e vendute

James Bentley
Ossa senza pace
Storia delle reliquie, sacre e profane, dall’antichità ai giorni nostri: come furono trovate, custodite, disputate, comprate e vendute, frammentate e moltiplicate…
Sugarco Edizioni, Milano, 1985

Anche se al tempo di Cristo venire a contatto con un cadavere rendeva un uomo impuro, già un centinaio-di anni più tardi, quando sant’Ignazio fu straziato dalle fiere in un’arena romana, il culto delle reliquie era cominciato. Le spoglie dei martiri e dei santi, custodite con riverente attenzione, acquistarono ben presto poteri straordinari — che avevano del magico e del miracoloso che le portò ad essere disputate, rubate, comprate e vendute, e, soprattutto, frammentate in pezzi via via sempre più piccoli, sia per l’immenso profitto che se ne poteva ricavare, sia per la convinzione religiosa
— che affondava profonde radici nella Chiesa orientale — che fosse un bene disperdere i resti di un santo in quante più comunità cristiane fosse possibile.
Nel Medioevo, l’epoca d’oro per le reliquie, si riteneva che queste potessero guarire gli infermi, respingere i nemici e difendere le città assediate, mantenere in buona salute il bestiame, procurare un buon raccolto, assicurare la giustizia e costringere a mantenere i giuramenti, far piegare le ginocchia ai malvagi, per non parlare del prestigio che gettavano su chi le possedeva. Non c’è quindi da meravigliarsi se si moltiplicavano di numero e viaggiavano in tutto il mondo allora conosciuto (ossa e «teste» di san Giovanni Battista furono disseminate in tutta la cristianità). Quando i corpi dei santi cominciarono a scarseggiare, saltarono fuori le reliquie secondarie, come le lacrime di Cristo o il suo ombelico (sarebbe più giusto parlarne al plurale, perché, oltre a quello venerato a Roma nella chiesa di Santa Maria del Popolo, ce n’erano in giro altri due) o ancora il suo prepuzio (custodito a Calcata); e la coda dell’asino su cui Gesù avrebbe fatto il suo ingresso a Gerusalemme (coda venerata a Genova, ma tutto lo scheletro dello stesso asino era a Vicenza), indumenti più o meno intimi dei vari santi e sante, il loro sangue prontamente raccolto, i più svariati strumenti con cui erano stati torturati e via di questo passo. Una reliquia era soprattutto un buon affare dal punto di vista finanziario, perché attirava pellegrini a frotte, che facevano donazioni di ogni tipo, anche in natura (nacquero così le prime fiere), e questo spiega in parte i casi paradossali di santi inventati o di sparizioni di spoglie confutate.
Ma il culto delle reliquie non era coltivato soltanto da persone intrise di religiosità: da Byron, che conservava ciocche di capelli delle donne da lui amate, al cappellano di Napoleone che non si fece scrupolo di portar via peli e parti di viscere subito dopo la morte dell’ex imperatore dei francesi, a Jeremy Bentham il quale pensava che avere sempre accanto a sé il cadavere ridotto a «icona» di un parente o di un amico fosse una cosa psicologicamente gratificante, la venerazione delle reliquie ha fatto accoliti dovunque.
Un libro, questo, rigorosamente documentato, che appassionerà sia i credenti che gli scettici, gettando una nuova e medita luce sulla storia sociale dell’Occidente dagli albori della cristianità a oggi.

Dalla quanta di copertina

Nessun commento: