giovedì 11 dicembre 2008

Autocrocifissione

Autocrocifissione
Forma aberrante di masochismo che si giustifica con un pretesto ascetico. L’esempio più celebre è quello di Matteo Couet di Casale (1789-1806). A tredici anni si castra e getta via per strada gli organi genitali. Questo basta ad assicurargli la fama: più tardi si esibisce a Venezia, dove ha l’idea di crocifiggersi pubblicamente. Con le assi del letto si fabbrica una croce che espone per strada il giorno di san Matteo, festa del suo santo patrono, ma i passanti gli impediscono di inchiodarvisi sopra. Due anni dopo fa un secondo tentativo altrettanto metodico. Per evitare un’eventuale caduta, dispone una rete da lui stesso annodata tutto intorno alla croce e per evitare ogni intralcio da parte di estranei comincia a piantarsi i chiodi in camera sua. Si fora i piedi in corrispondenza di lunghi chiodi, poi si buca le mani e infine si ferisce il costato, a destra. Senza dimenticare di porsi sul capo la corona di spine, cala subito dopo dalla finestra la croce, preventivamente fissata a una trave del soffitto, e dà spettacolo di sé. Sviene poco dopo e viene internato in un manicomio. Cerca di uccidersi digiunando e cercando di prendere un colpo di sole: vi riesce il 2 aprile 1806.
Più di recente, nel 1959, Georg Krausert, un calzolaio tedesco di Hòchst (Francoforte), si crocifisse per « conquistarsi il diritto » di essere adorato e per provare a una piccola setta, da lui fondata, che
il sacrificio di Cristo poteva ripetersi.

Da AA.VV. Nuovo dizionario di sessuologia, Longanesi, Milano, 1969
Pagg. 82-83
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il disegno dell'autocrocifissione di Matteo Couet (litografia inglese del 1807).

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