sabato 6 dicembre 2008

POVERA SANTA. POVERO ASSASSINO. La vera storia di Maria Goretti

Giordano Bruno GUERRI
POVERA SANTA. POVERO ASSASSINO. La vera storia di Maria Goretti

Oscar Mondadori, Milano, 1993

Giovanni Paolo Il ha istituito una Commissione di Studio per rispondere a questo libro. L’ autore ribatte alle decine di “errori” che gli vengono contestati e ribadisce” i falsi di un processo canonico e i veri motivi che convinsero la Chiesa a inventare una santità”.
Dalla quarta di copertina:
A oltre otto anni dalla precedente edizione, che suscitò tanto clamore, la prima e unica biografia laica di santa Maria Goretti torna in libreria. Questa edizione, oltre a riproporre identico un testo il cui valore appare inalterato, è corredata di un’appendice nella quale Giordano Bruno Guerri replica punto per punto alle accuse mosse dalla Commissione di Studio vaticana istituita per confutarne le tesi. Inoltre, la nuova introduzione spiega perché il libro provocò l’inusuale e clamorosa reazione del Vaticano, valuta l’atteggiamento della società italiana in una situazione di “conflitto della Chiesa” e analizza l’attuale “politica dei santi” di Giovanni Paolo Il.

Da pagina XXII e XXIII:
La violenza psicologica operata sulle bambine e le adolescenti. che, suggestionate dal clamore suscitato dalla canonizzazione e dall’educazione ecclesiastica, si fecero ammazzare dicendo di voler fare “come Maria Goretti”.

In conclusione, la Chiesa è libera di fare santo chi vuole, con il metodo che preferisce, ma lasci ai non credenti la libertà di analizzare modi e finalità, che sono entrambi molto terreni e discutibili. E i miei settantanove errori presunti non mutano di una virgola la sostanza di Povera santa, povero assassino. Come — mi si perdoni lo spropositato paragone — i quattromila errori attribuiti dai gesuiti a Erasmo non sminuiscono la grandezza dell’Elogio della Pazzia. E i trecentosessantadue errori trovati dal cardinale Sforza Pallavicino nella Istoria del Concilio Tridentino di Paolo Sarpi non tolgono niente alla verità di quell’opera, mentre l’analogo libro del cardinale rimane nella storia soltanto come un esempio di intolleranza ecclesiastica.


Qualche considerazione sugli intellettuali italiani

Come ho detto, i giornali del 1985-1986 si occuparono molto del caso. Gli opinionisti cattolici erano saldamente schierati in difesa della Chiesa, in un modo veramente esagitato; basterà ricordare un articolo di Giampaolo Cresci su «Prospettive nel mondo» del 7 febbraio 1985, secondo il quale “si tenta di colpire con ogni mezzo la devozione popolare, il senso del sacro nella vita con un lavaggio del cervello in grande stile. E un’operazione degna di manipolatori nazisti o sovietica dei mass-media”.
Gli intellettuali laici invece scrissero articoli anche molto brillanti, ma pochissimi presero parte (ricordo con particolare gratitudine Luigi Firpo, Ida Magli, Federico Zeri). Fu malamente esemplare soprattutto il parere di Francesco Alberoni, il quale sostenne che, se avevo indagato su Maria Goretti, evidentemente avevo un personale problema di fede, e che la faccenda non riguardava la società italiana. Lo stesso fece, più o meno, Giuliana Dal Pozzo sull’”Unità» (9 febbraio 1985), affermando che i laici non si devono occupare di santi. Tesi stravaganti, visto che la Chiesa cattolica ha sempre fatto del culto dei santi uno strumento privilegiato per attirare la devozione popolare e quindi condizionare il comportamento dell’intera società. Quasi nessuno capì — o finse di non capire — che i veri problemi sollevati dal libro non erano se Maria aveva davvero resistito all’assassino e se fosse o no santa.
Pochissimi articoli rinunciavano a citare il proverbio, per l’occasione preso molto sul serio, “scherza coi fanti e lascia stare i santi” Perché lasciare in pace i santi? Perché non discuterli, se rappresentano i modelli che di volta in volta la Chiesa ci suggerisce? Quasi tutti tendevano a “non immischiarsi” e a lasciare in pace, oltre che i santi, anche i “fanti” della Chiesa. Mi sembrò curioso in un popolo abituato a prendere parte in qualsiasi discussione, schierandosi con passione. Fu la molla che mi spinse a iniziare le ricerche per il mio successivo studio Gli italiani sotto la Chiesa — Da San Pietro a Mussolini (Mondadori 1992), dove ho cercato di ricostruire i condizionamenti e le sudditanze nate in quasi due millenni di predominio ecclesiastico.
Il“caso Maria Goretti” fu appunto molto interessante e significativo per osservare l’atteggiamento degli intellettuali italiani in una situazione di conflitto con la Chiesa. Non voglio essere così maligno e volgare da insistere troppo sul fatto che. mettersi contro la Chiesa — quindi contro i suoi credenti — è parecchio scomodo, come ben sa chi ci prova: i cattolici sono presenti ovunque, e a irritarli si rischia, quando meno te lo aspetti, di perdere il concorso universitario, la collaborazione al giornale. Di certo si hanno meno recensioni, si vendono meno libri, avendo fama di anticlericale (definizione che, per me, rifiuto, tanto si è riusciti a darle un significato di piccineria fanatica).
Voglio credere, piuttosto, che a guidare la prudenza di tanti intellettuali laici nelle polemiche contro la Chiesa sia l’ancestrale condizionamento socioculturale di rispetto alla religione, particolarmente forte, per ovvi motivi, in Italia.
(…)

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